Rodotà e il diritto di accesso ad internet da inserire nella Costituzione Italiana: una proposta singolare

 

 Una modifica costituzionale.

Che introduca nel nostro ordinamento il diritto del cittadino a vedersi riconosciuto dallo Stato l’accesso ad internet.

Questa è la proposta avanzata  da Stefano Rodotà, intervenuto all’evento di apertura della terza edizione italiana dell’ Internet Governance Forum,  a Roma.

Non entro nel merito di cosa significherebbe effettuare una modifica costituzionale soprattutto in un periodo di forte instabilità parlamentare che priverebbe probabilmente  in radice qualsiasi norma costituzionale della possibilità di essere approvata.

Mi soffermerò dunque sulla collocazione costituzionale che i presentatori della norma hanno scelto di dare alla modifica proposta.

Tutti hanno eguale diritto di accedere alla Rete Internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale.

Sarebbe questa la proposta normativa da valutare.

Occorre domandarsi a questo punto  se la modifica normativa sia praticabile, utile e corretta, e la collocazione scelta corrisponda  ai precetti costituzionali ed alla giusta gerarchia delle norme costituzionali?

I presentatori della norma hanno scelto di ipotizzare un art 21 bis che  si collocherebbe subito dopo la  norma dell’art 21, l’articolo oramai conosciuto da tutti che  stabilisce in modo più ampio e rivolto a tutti, la libertà di esprimere il proprio pensiero, non solo con la parola, scritto, ma con qualunque altro mezzo di diffusione.

Ma la formulazione della norma cosi come è proposta appare singolare, l’art 21 della costituzione infatti esprime un tipico principio di libertà negativa, ovvero quel principio in base al quale lo stato si deve astenere dall’interferire con i pensieri del cittadino e con la manifestazione del libero pensiero proteggendo al contempo la libertà di stampa da censure o atti arbitrari.

In pratica non vi è nulla che ci faccia pensare che nell’esercizio della libera manifestazione del pensiero lo stato debba fare qualcosa, semplicemente lo stato si deve astenere dal proibire alcune attività primarie del cittadino.

Ma se cosi è però  la collocazione della nuova norma  sarebbe sbagliata infatti l’art 21 bis come voluto dai proponenti contiene una libertà positiva ovvero un principio di promozione della diffusione dell’internet  con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale.

Il che significa che lo Stato, non garantirebbe con questa norma una libertà ma si farebbe tramite ( forse guardiano?)  di un obbligo mediato  a carico dei provider, gli unici soggetti in grado di fornire “tecnologie adeguate e in grado di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale”.

Lungi dal garantire una libertà al cittadino dalla propria sfera di influenza lo Stato allungherebbe la sua sfera fino ad imporre ai provider, ovvero ad operatori economici che in uno Stato liberale e democratico come il nostro esercitano una attività di impresa, l’obbligo di fornire, non si comprende bene a quale prezzo, se un prezzo si possa ipotizzare, l’accesso ad internet.

Si tratta tra l’altro di un obbligo “mediato” i  quanto  Lo Stato infatti nel  nostro ordinamento, in virtù dell’art 6 del codice delle comunicazioni elettroniche non può agire direttamente per fornire servizi internet ad un cittadino, indi per cui lo stesso Stato dovrebbe coercire i soggetti a ciò deputati, i provider appunto per “rimuovere” gli ostacoli di ordine economico e sociale alla diffusione dell’internet.

Già questo conseguenza appare difficile da conciliare con lo spirito fortemente programmatico e libertario che permea l’art 21 della nostra carta costituzionale

In breve si introdurrebbe all’art 21 bis  una disposizione costituzionale diametralmente opposta  all’art 21 che prescrive un astensione dello stato dai liberi esercizi del diritto di un cittadino e non una coercizione, seppur a fin di bene.

L’evidente errore nella collocazione di una norma siffatta appare anche dall’analisi delle norme successive all’art 21 della costituzione, infatti subito dopo l’art 21 bis si collocherebbe   l’  art. 22 della Costituzione che esprime il principio  secondo il quale Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome” mentre   l’art. 23 dispone che nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”.

Tutte norme come è agevole verificare che impongono un obbligo di astensione dello Stato dall’interferire con le libertà del cittadino, non certo norme che garantiscono allo stato invece un potere di interferire con i diritti del cittadino, sia pure per dargli internet e a fin di bene.

Se proprio avessero voluto collocare la norma all’interno della Costituzione con la finalità di dare allo Stato il compito di garantire la piena parità di accesso  avrebbero dovuto inserire la norma semmai negli art 2 e 3 della Costituzione laddove si stabilisce che “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” e ( all’art 3) “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Oppure nella prima parte dell’art 9 laddove si stabilisce che  “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.”

Sconvolgendo però i principi fondamentali della nostra Carta per dare attuazione ad un unico principio, seppur importante quale il principio del diritto di accesso ad internet.

Già da queste prime note si comprende dunque come sia difficile collocare di punto in bianco una norma all’interno della Costituzione prescindendo dal contesto e, appare auspicabile che i Proponenti qualora dovessero decidere di proseguire nella strada intrapresa chiariscano bene gli ambiti di collocazione  della norma.

Fulvio Sarzana

www.fulviosarzana.it
Studio Legale Roma Sarzana & Associati
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