La detenzione senza licenza ( o di licenze scadute) di software commerciali riconducibili alla multinazionale statunitense Microsoft ed alle altre BIG del software ( nella fattispecie centinaia di software installati e distribuite su più di cento computer) non configura il reato di abusiva duplicazione o di detenzione di file sprovvisti di licenza d’uso, anche se all’interno dei computer vengono trovati i dispositivi di aggiramento tecnologico in grado di far funzionare i software senza licenza, quelli che in gergo vengono chiamati crack .
Grave sconfitta della multinazionale Statunitense Microsoft che si era costituita parte civile nel procedimento penale di fronte al Tribunale di Roma chiedendo danni per centinaia di migliaia di euro e della Business Software Alliance BSA ( l’associazione che riunisce le multinazionali del software) che aveva fornito ai militari della guardia di finanza il personale per l’accertamento tecnico della violazione e la valutazione sul costo dei singoli software che aveva fatto irrogare allo stesso imprenditore la sanzione amministrativa di 284mila euro.
Lo ha stabilito il tribunale di Roma, V sezione, Dott.ssa Laura D’Alessandro, con sentenza del 15 novembre 2010, che ha assolto un imprenditore, difeso dall’Avv. Fulvio Sarzana di S.Ippolito, che era stato trovato in possesso di 270 softwares di tutte le più rinomate software houses commerciali, tra le quali la stessa Microsoft ma anche Adobe, Macromedia, Symantec, sprovvisti di licenza, distribuiti su 103 computers tra cui server sui quali venivano messi in condivisione a beneficio di tutti i dipendenti della società i metodi di aggiramento tecnologico .
I softwares venivano utilizzati nel settore della formazione, dunque in un contesto non commerciale, da una società che era riconosciuta come laboratorio di ricerca accreditato presso il Ministero dell’Università e della ricerca scientifica.
Fra i corsi erogati alcuni riguardavano proprio l’educazione alla legalità nel settore della proprietà industriale.
L’impresa aveva collaborato nel passato con la stessa Microsoft.
Applicando anche i principi già stabiliti dalla Corte di Cassazione in riferimento al mancato obbligo di apposizione del bollino SIAE sui supporti informatici, il Tribunale ha ritenuto che,senza la prova della duplicazione del software da parte dell’imprenditore e senza la prova dell’effettivo uso sulle singole macchine dei dispositivi di aggiramento tecnologico presenti sul server dell’azienda non si potesse configurare il reato di duplicazione abusiva di software né la detenzione di software sprovvisto di licenza d’uso e ha mandato assolto l’imprenditore con la formula più ampia possibile, ovvero il fatto non sussiste.
Fulvio Sarzanawww.fulviosarzana.it
Studio Legale Roma Sarzana & Associati
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