Il cyberbullismo o ciberbullismo (ossia «bullismo online») è il termine che indica un tipo di attacco continuo, ripetuto e sistematico attuato mediante la rete.
Il termine cyberbullying è stato coniato dall’insegnante canadese Bill Belsey[1]. I giuristi anglofoni distinguono di solito tra il cyberbullying (cyberbullismo), che avviene tra minorenni, e il cyberharassment (“cybermolestia”) che avviene tra adulti o tra un adulto e un minorenne[2]. Tuttavia nell’uso corrente cyberbullying viene utilizzato indifferentemente per entrambi. Come il bullismo nella vita reale, il cyberbullismo può a volte costituire una violazione del Codice civile e del Codice penale e, per quanto riguarda l’ordinamento italiano, del Codice della Privacy (D.Lgs 196 del 2003). ( da wikipedia)
Il bullismo fa attualmente riferimento a una serie di condotte in gran parte riconducibili a fattispecie di reato punite dal codice penale o da leggi speciali. Senza pretesa di esaustività si tratta prevalentemente delle seguenti:
– violenza privata (art. 610 c.p.),
– percosse (art. 581 c.p.)
– lesioni (artt. 582 c.p.),
– molestie (art. 660 c.p.)
– minaccia (art. 612 c.p.),
– stalking (art. 612-bis c.p.),
– furto (art. 624 c.p.),
– estorsione (art. 629 c.p.),
– danneggiamento di cose altrui (art. 635 c.p.)
– ingiuria (art. 594 c.p.),
– diffamazione (art. 595 c.p.),
– sostituzione di persona (art. 494 c.p.)
– furto d’identità digitale (art. 640-ter c.p.),
– trattamento illecito di dati (art. 167, D.Lgs. 196/2003, Codice della privacy).
Attualmente pendono in Parlamento diversi disegni di legge che intendono regolamentare il fenomeno.
Fulvio Sarzana
www.fulviosarzana.it
Studio Legale Roma Sarzana & Associati