Il diritto ad internet ed il Parlamento Italiano: Il DDL Centemero-Versace introduce la sospensione dei servizi di accesso ad internet per chi scarica e carica film e musica.

Il genio italico quando si confronta con il web  non smette mai di sorprendere.

Stefano Quintarelli ci informa della presentazione di un Disegno di legge sulla responsabilità dei provider e il diritto di accesso ad internet.

Questa volta a sorprendere noi poveri commentatori della rete internet italiota sovviene un’oscura ( non ce ne voglia) Deputata Brianzola, Elena Centemero, laureata in lettere classiche, che probabilmente avrà una solida cultura umanistica ma forse non conosce bene i principi cardine del nostro ordinamento costituzionale .

Il Parlamentare appare come  prima firmataria di un disegno di legge sulla responsabilità degli intermediari della comunicazione, affiancata peraltro in quest’improba impresa  da alcuni  “noti” promulgatori di norme storiche quali il deputato Santo Versace. http://www.camera.it/Camera/view/doc_viewer_full?url=http%3A//www.camera.it/_dati/leg16/lavori/stampati/pdf/16PDL0051750.pdf&back_to=http%3A//www.camera.it/126%3FPDL%3D4549%26leg%3D16%26tab%3D2

La norma peraltro è già stata calendarizzata ed assegnata il 12 settembre alla Commissione Attività produttive della stessa Camera, il che vuol dire che c’è un reale interesse a portare a termine con celerità l’iter normativo.

Il testo in esame  cancella in  un sol colpo l’azione della magistratura nel settore del diritto d’autore sul web, considera responsabili i provider civilmente e penalmente anche se non hanno responsabilità nella violazione, ( responsabilità oggettiva per fatti di terzi)  e trasforma il semplice cittadino in un organo di polizia giudiziaria.

Tutto in una sola norma.

Troppo, direte voi?

Non proprio, andiamo a vedere le disposizioni che si intendono introdurre.

Il disegno di legge è composto di due soli articoli:

Il primo articolo  come evidenzia anche la relazione di accompagnamento “ interviene sull’articolo 16 del decreto legislativo n. 70 del 2003 (rubricato « Responsabilità nell’attività di memorizzazione di informazioni – hosting), specificando – conformemente alla direttiva – che i fatti e le circostanze che rendono manifesta al prestatore di informazioni l’illiceità dell’attività o dell’informazione, facendo venir meno l’esenzione da responsabilità, comprendono tutte le informazioni di cui tale prestatore disponga, incluse quelle che gli sono state fornite dai titolari dei diritti violati dal- l’attività o dall’informazione, anche in relazione ad attività o a informazioni illecite precedentemente memorizzate dal prestatore a richiesta dello stesso o di altri destinatari del servizio; che i corrispondenti obblighi di rimozione e di disabilitazione dell’accesso alle informazioni illecite sorgono in ogni caso in cui il prestatore di servizi sia venuto a conoscenza di tale illiceità, per effetto della comunicazione delle autorità competenti o di qualunque soggetto interessato”.

Detta in soldoni significa che il provider deve immediatamente disabilitare l’accesso in caso di segnalazione di violazione del copyright.

Attenzione che la norma non specifica  se si debba intendere per accesso e disabilitazione solo quello di coloro che immetterebbero contenuti che violano il copyright o  anche quella dell’ignaro cittadino telematico  che si troverebbe dall’oggi al domani privato dell’accesso alla rete internet senza sapere il perché.

La parola “destinatario del servizio dell’informazione” è infatti onnicomprensiva e comprende anche il cittadino che semplicemente accede ad internet.

Ma come vedremo in seguito in realtà anche questo soggetto è interessato alla disabilitazione all’accesso.

Cosa cambierebbe rispetto al passato?

Che mentre con la normativa odierna, a poter avvertire il provider che si deve attivare è solo l’autorità competente e l’autorità giudiziaria, se venisse approvato il DDL Centemero-Versace a richiedere la cancellazione e la disabilitazione potrebbe essere “chiunque”, anche un passante per strada che non ama quel contenuto caricato sulla rete.

Ed il provider sarebbe obbligato a cancellare, disabilitare e impedire l’accesso al cittadino.

Ce lo dice il punto b dell’articolo 1, che stabilisce che il provider non è responsabile  “b) non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti o di qualunque soggetto interessato, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne l’accesso”.

Qualunque soggetto interessato, quindi.

Anche chi non ha niente a che vedere con i diritti ma semplicemente ha in animo di scrivere al provider perché cosi gli dice la testa in quel momento.

Peraltro la norma appare porsi  come completamento necessario  della delibera AGCOM sul diritto d’autore  in fase di emanazione,.

Come si ricorderà l’Agcom,travolto dalle polemiche, non aveva  avuto il coraggio di spingersi sino all’emanazione di norme prescrittive nei confronti dei provider.

Ebbene  dove non giunge l’organo amministrativo  (  che però ha suggerito  surrettiziamente al legislatore una modifica normativa in tal senso)  arriva un manipolo di deputati.

A beneficio dei presentatori del DDL dobbiamo però ricordare che nel nostro ordinamento il “caricamento” di files protetti da diritto d’autore è considerato un reato dopo il 2004, per cui l’approvazione del DDl Centemero-Versace di fatto trasformerebbe il semplice cittadino in un soggetto in grado di svolgere la stessa funzione della polizia giudiziaria, senza peraltro passare in alcun modo per l’Autorità giudiziaria.

Come viene giustificato questo nuovo ruolo del Cittadino?

Con il ricorso a principi comunitari che non sono stati recepiti nel nostro ordinamento con l’attuazione del decreto sul commercio elettronico nel 2003.

E perché non furono recepiti tali principi all’epoca?

Molto semplice, perché il nostro ordinamento è sottoposto al principio di legalità formale e di separazione dei poteri, il che significa che per poter reprimere determinati comportamenti, con tutte le garanzie del caso, ci sono gli organi preposti, ovvero gli organi di polizia, e la magistratura e non “qualunque interessato” , magari “assetato” di vendetta.

Che ci piaccia o no il nostro ordinamento prevede anche una serie di garanzie per il cittadino che derivano dalla nostra tradizione Costituzionale.

Ma veniamo alla parte più “gustosa” si fa per dire del DDL Centemero-Versace. ovvero l’articolo 2 del DDL, che va a modificare l’art 17 della direttiva sul commercio elettronico.

Qui il genio italico raggiunge cime inarrivabili.

Come è noto l’art 17 del decreto sul commercio elettronico prevede il cd divieto dell’obbligo generale di sorveglianza.

Si tratta di una norma che garantisce al provider la possibilità di svolgere serenamente il proprio lavoro senza dover ricercare attivamente possibili comportamenti illeciti in rete.

Va ricordato che i provider  trattano milioni e milioni di informazioni al giorno.

Ebbene la norma, lasciando invariato il titolo dell’art 17 rubricato “ Assenza dell’obbligo generale di sorvegliaza”  prevede nel testo tutto il contrario di quanto affermato nel titolo.

prevede l’articolato:

(non può godere delle esenzioni di responsabilità preventive):

“b) il prestatore che metta a disposizione del destinatario dei suoi servizi oggetto del presente decreto, o comunque fornisca o presti a suo favore, anche strumenti o servizi ulteriori, in particolare di carattere organizzativo o promozionale, ovvero adotti modalità di presentazione delle informazioni non necessarie ai fini dell’espletamento dei servizi oggetto del presente decreto, che siano idonei ad agevolare o a promuovere la messa in commercio di prodotti o di servizi ad opera del destinatario del servizio”;

In pratica, cercando di scimmiottare la Corte di giustizia nel caso l’Oreal Ebay, che invece ha stabilito principi del tutto diversi, si cerca “goffamente” di penalizzare piattaforme quali e bay o altre che si limitano a informare il cittadino sui servizi presenti in rete entrando pesantemente nella vita dell’azienda.

L’impresa  dovrebbe, nelle intenzioni del legislatore,  andare a ricercare tutte le ipotesi nelle quali un servizio ulteriore ( quali ad esempio una pubblicità) potrebbero forse riferirsi ad attività di violazione ad opera di terzi  del diritto d’autore.

Quindi se nell’articolo 1 del decreto 1 si trasformava il cittadino in un organo di polizia giudiziaria qui si trasforma il provider, o la piattaforma di servizi, in un soggetto che deve passare i suoi giorni a verificare se tutte le attività del suo business ( ivi comprese pubblicità, organizzazione di servizi) siano in grado di violare preventivamente i diritti di terzi rispetto a servizi già forniti e perfettamente leciti.

Non c’è male come sviluppo alle imprese in un periodo di crisi.

Invece di sviluppare il mercato ed aiutare le piccole imprese il legislatore  limita la possibilità di business che “potrebbero” e dico “potrebbero” riferirsi in via indiretta a potenziali illeciti.

Insomma una responsabilità preventiva oggettiva  per fatti di terzi, come viene affermato anche espressamente nella relazione di accompagnamento.

Il provider deve quindi adottare secondo la stessa relazione  “  la rimozione dell’informazione illecita o la disabilitazione dell’accesso alla medesima precisando che questa possibilità sussiste anche quando di queste violazioni il prestatore non debba essere considerato civilmente o penalmente responsabile.”

Altro che assenza dell’obbligo di sorveglianza preventiva!.

L’acme dell’incoerenza normativa tra il divieto dell’obbligo di sorveglianza preventiva e il testo della norma si raggiunge però nell’inarrivabile comma c, dell’articolo 2 del DDL.

La responsabilità civile  e penale si applica  “ al prestatore che non abbia adempiuto al dovere di diligenza che è ragionevole attendersi da esso e che è previsto dal diritto al fine di individuare e di prevenire taluni tipi di attività illecite”.

Viene da domandarsi “ma se la norma esprime il principio del divieto di obbligo di sorveglianza preventiva come può prevenire le condotte illecite il provider”????

E veniamo alla parte che appare in grado violare direttamente i diritti dei cittadini all’accesso alla rete internet,  senza passare per un giudice.

Il cittadino che accede ad internet  o a un determinato servizio potrà essere sospeso dall’accesso dal provider senza ricorso all’autorità giudiziaria.

Il provider dovrà apporre infatti  filtri in grado di prevenire tali violazioni e sospendere il cittadino che carica o scarica file sospettati di violare il diritto d’autore o il diritto dei marchi e  brevetti.

Lo prevede il comma c dell’art 2, i provider infatti, secondo questa disposizione devono adottare:

“ la sospensione della fruizione dei servizi dei destinatari di tali servizi che pongono in esame violazioni dei diritti di proprietà industriale per evitare che siano commesse nuove violazioni della stessa natura da parte degli stessi soggetti.”

Alè.

Quindi riassumendo:

1)  i cittadini, al di fuori di qualsiasi procedimento giudiziale e di ricorso alla magistratura potranno essere sospesi nell’accesso ad internet se un semplice cittadino informa un provider della possibile violazione delle norme sul diritto d’autore o sui marchi e brevetti;

2) i provider dovranno  preparare liste di proscrizione di cittadini che sono sospettati di violare il diritto d’autore o il diritto dei marchi e dei brevetti;

3) Gli stessi provider  dovranno apporre filtri preventivi anche per servizi che non violano direttamente il diritto d’autore ma che potrebbero indurre il cittadino a pensare che ci siano tali servizi anche al provider   stesso non riconducibili sulla rete;

4) in ogni caso a semplice richiesta di un “soggetto interessato” i provider potranno disabilitare l’accesso o sospendere i servizi ai propri clienti.

Veramente non c’è male come norma su internet.

Fulvio Sarzana

www.fulviosarzana.it
Studio Legale Roma Sarzana & Associati

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Articolo disponibile anche in lingua: Inglese