Il diritto e la procedura penale su internet non esistono più. L’Antitrust si sostituisce al Giudice naturale precostituito per legge e dispone il sequestro preventivo di due siti per contraffazione.

Le norme sostanziali del nostro codice  penale e quelle processuali non sembrano avere più alcun rilievo ultimamente  su internet.

 L’Antitrust (AGCM) , in un comunicato apparso sul proprio sito internet http://www.agcm.it/trasp-statistiche/doc_download/3607-130124.html  ha dato notizia di un’operazione di chisusura di siti su internet operata in collaborazione con la guardia di finanza.

Questo il titolo del comunicato stampa dell’Autorità:

L’ANTITRUST CON LA COLLABORAZIONE DEL NUCLEO SPECIALE TUTELA MERCATI DELLA GUARDIA DI FINANZA DISPONE LA CHIUSURA DI DUE SITI DI BENI CONTRAFFATTI A MARCHIO GUCCI E PRADA”.

 Nonostante la stessa Autorità si affretti a precisare che l’azione sia stata adottata per fattispecie di pubblicità scorretta previste dal codice del consumo, appare chiaro le misure cautelari irrogate siano in verità decreti penali di sequestro per fattispecie anch’esse  penali di contraffazione, di esclusiva spettanza del giudice penale.

 Le ipotesi di contraffazione evidenziate dall’Antitrust, secondo quanto emerge dal comunicato stampa,  non possono infatti che ricondursi alle fattispecie previste dagli art  473. 474 e 515  del codice penale, ovvero   la Contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell’ingegno o di prodotti industriali;  l’introduzione nel territorio dello stato degli stessi prodotti e  la frode in commercio.

 Le norme codicistiche , prevedono ( o dovrebbero prevedere) che ad accertare fattispecie regolate dal diritto penale siano gli organi di polizia giudiziaria, che devono poi riferire all’autorità giudiziaria.

 E’ solo l’autorità giudiziaria (o gli organi di polizia giudiziaria, che, come si è accennato, devono poi sottoporre al magistrato le risultanze istruttorie), che possono disporre il sequestro di uno o più beni, e ciò vale a maggior ragione per la rete internet.

 Quelleo che l’antitrust chiama con un “tecnicismo” che non fa onore alla stessa autorità, “ chiudere siti” o “disporre misure cautelari” non è  altro che l’adozione di un provvedimento di sequestro preventivo, regolato dall’art 321 del codice di procedura penale, come la giurisprudenza copiosa di questi anni, a partire dal noto caso Piratebay, ha chiarito.

 Un’autorità amministrativa indipendente si sostituisce al magistrato nella definizione di fattispecie di reato, ritenendo di poter emanare anche ordini di esecuzione che spettano, se la procedura penale non è un’opinione, al pubblico ministero nell’ambito di un  processo penale.

 Questa prassi è in grado di far divenire Organi dello Stato non appartenenti al potere giurisdizionale nell’ordine:

a)      Un pubblico ministero nell’accertamento e repressione dei reati previsti dal codice penale;

b)      Un giudice delle indagini preliminari nella valutazione dell’opportunità di procedere ad un sequestro preventivo;

c)      di nuovo un  pubblico ministero nel predisporre l’ordine di esecuzione da inviare alle competenti autorità.

 Ne prendiamo atto.

 Diventa assolutamente necessaria a questo  una pronuncia della Corte Costituzionale che definisca con esattezza i contorni e i limiti dei poteri dello Stato  su fattispecie coperte da riserva di giurisdizione, che solo giuristi “arditi”  hanno potuto qualificare come relativa.

 Ora, più che mai.

Fulvio Sarzana

www.fulviosarzana.it
Studio Legale Roma Sarzana & Associati
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