Facebook, si sa, costituisce oggi lo strumento più rapido e più efficace per lanciare campagne di opinione, scambiare opinioni in rete e condividere idee. Ma è anche espressione di una società commerciale che prende decisioni in grado di influenzare in maniera determinante la libertà di espressione in rete.
L’ultima vicenda, tra le più eclatanti, presenta caratteristiche alquanto singolari, e, come vedremo, in grado di avere conseguenze molto gravi sulla libertà di espressione in rete.
E’ accaduto che alcune organizzazioni per le libertà ed i diritti civili abbiano aperto alcune pagine (ad esempio, quella consultabile al link visibile qui) per sensibilizzare l’opinione pubblica “telematica” sulla possibile modificazione dell’attuale legge elettorale, chiamata in diverse maniere, non tutte entusiastiche.
L’evidente successo dell’iniziativa deve aver avuto alcuni risvolti negativi sulla violazione di qualche comma delle condizioni di uso previste dal social network americano per la fruizione della piattaforma da parte degli amministratori delle pagine. I quali si sono visti, senza preavviso (come di consueto quando accadono queste vicende) e senza spiegazioni, privare della possibilità di amministrare correttamente la pagina. Benché nelle condizioni d’uso, si badi bene, non vi siano regole precise su questo punto specifico.
Fin qui, a prescindere all’opportunità di privare una spontanea associazione di cittadini del diritto di esprimere la propria opinione su una legge italiana, nulla di nuovo o di non conosciuto già nel passato, ma il caso in questione presenta alcune possibili conseguenze molto gravi dal punto di vista del diritto.
Innanzitutto, analizzando le modalità di sospensione dell’account ci si accorge di un fatto alquanto anomalo: gli organizzatori non sono infatti più in grado di pubblicare messaggi in bacheca e quindi, si presume, non possono nemmeno moderare gli interventi di coloro che lasciano i messaggi in bacheca.
La situazione, che ricorda da vicino gli exploit di radio Radicale degli anni ottanta, o più di recente i ‘microfoni aperti’ delle radio leghiste, nasconde una vera e propria insidia in quanto può accadere che gli organizzatori che non sono più in grado di controllare quanto avviene sulla propria bacheca possono essere chiamati a rispondere di gravi reati qualora i frequentatori della pagina (che è attiva e funzionante) – tra i quali si può nascondere anche un malintenzionato – decidano di scrivere commenti di incitamento all’odio razziale, all’apologia ed alla istigazione di reati per i quali sia necessario l’intervento delle Autorità. continua su Inviatospeciale.com