La SIAE, presieduta dal “Giovane-vecchio” Gian Luigi Rondi, di anni 90, riemerge dal sarcofago in cui è stata depositata in questi anni ponendo in un quotidiano a larga diffusione, a mò di Marzullo contemporaneo, dieci domande in tema di diritto d’autore, in margine alla consultazione pubblica su internet e diritto d’autore dell’AGCOM.
Eppure in questi mesi nella battaglia che ha contrapposto le organizzazioni a tutela dei diritti umani e l’AGCOM dall’altra la SIAE ha mantenuto un dignitoso silenzio.
Non è da sola peraltro, in questo “risveglio” perché alla destra ( non del Padre ovviamente ndr) della lettera acquistata sul Corriere della Sera di oggi dalla SIAE appare l’organizzazione che sembra essere in qualche modo la vera latrice della lettera aperta ai giornali ovvero, Confindustria Cultura.
Confindustia Cultura riunisce le diverse sigle dell’intrattenimento televisivo, musicale e cinematografico.
Dobbiamo ricordare peraltro a beneficio del lettori che all’interno della stessa Confindustria si registrano posizioni molto distanti l’una dall’altra.
L’Organizzazione Confindustria digitale infatti che riunisce gli operatori del settore delle telecomunicazioni e dell’informatica ha assunto posizioni del tutto opposte a quelle di Confindustria cultura al punto che di fronte al sottoscritto ( e ad altri dieci testimoni) il Commissario AGCOM Stefano Mannoni, durante un faccia a faccia presso il Corriere delle Comunicazioni apostrofò l’incolpevole Antonello Busetto, esponente della stessa Confindustria digitale lì presente, con l’aggettivo “lunare” in riferimento alle posizioni invece “solari” ( si presuppone) espresse invece da CONFINDUSTRIA cultura.
Ma si sa questo è il bello della democrazia.
Le dieci domande peraltro meriterebbero risposte puntuali se solo si evitasse, come sempre accade in questi casi di adottare termini tipo “furto” di proprietà intellettuale ad opera dei cittadini della rete proprio nel momento in cui l’AGCOM recependo in qualche modo le istanze dei difensori delle libertà civili su internet estende il concetto di fair use, ovvero di uso amatoriale cercando un difficile equilibrio tra diritto d’autore e gli usi amatoriali, quelli di critica e di discussione e l’imprescindibile diritto di cronaca.
L’iniziativa a questo punto appare veramente inopportuna soprattutto per un motivo.
Dall’analisi del quadro regolatorio attuale, ed in base alle considerazioni che la stessa AGCOM ha fatto del ruolo della SIAE nell’indagine conoscitiva sul diritto d’autore, ( l’indagine “dimenticata”) appare come la SIAE non abbia alcun ruolo nella vigilanza delle attività on line.
Afferma infatti l’AGCOM, e ce lo ricordava all’epoca Pino Bruno: http://www.diritto.net/dirittonet-home/diritto-privacy-riservatezza/4523-file-sharing-e-peer-to-peer-agcom-dice-alla-siae-di-non-tracimare.html
“…Dalla breve ricostruzione della natura e dei poteri della SIAE qui condotta emerge con tutta evidenza come il core delle funzioni attribuite istituzionalmente all’ente sia costituito principalmente dall’attività, di natura privatistica, di intermediazione nell’utilizzazione economica delle opere protette da copyright. Nel quadro così delineato, gli “altri compiti connessi con la protezione delle opere dell’ingegno” cui si riferisce l’art. 181, comma 1, della legge 22 aprile 1941, n. 633, alludendo alle attività di tutela del diritto d’autore, sembrano assumere un ruolo del tutto marginale. E né pare che tale conclusione possa mutare alla luce del disposto di cui all’art. 182 bis che, come si dirà in seguito, attribuisce sì alla SIAE funzioni di vigilanza sulle violazioni del diritto d’autore ma in coordinamento con l’Autorità e unicamente “nell’ambito delle rispettive competenze”.
In sostanza, evidenzia l’AGCOM, la Siae è un ente privato.
“…il legislatore – si legge nell’indagine conoscitiva dell’AGCOM – prevede che sia la SIAE (che, come detto, ha la sua attività principale in quella di intermediazione dell’utilizzazione economica delle opere protette da copyright e nella protezione delle stesse da eventuali violazioni un aspetto solo marginale della sua azione), a coordinarsi con l’Autorità (e non viceversa), peraltro “nei limiti dei propri compiti istituzionali”.
“L’azione di vigilanza della SIAE andrebbe invece circoscritta alle attività di cui alle lettere b), c), d), d-bis), d-ter) di cui all’art. 182 bis. Queste, infatti, attenendo alle proiezioni in sale cinematografiche, nonché all’attività di vendita e noleggio, e a quella di riproduzione attraverso fotocopiatrici, sembrano riguardare principalmente fenomeni di pirateria “fisica”, che, in quanto tali, esulano dall’ambito di competenza tradizionalmente riconducibile all’Autorità”…” Andrebbe pertanto stabilito che all’Autorità spetti, in via esclusiva, il compito di pianificare e condurre le 65 attività ispettive relative alle attività indicate alla lettera a) dell’art. 182 bis, attività per le quali essa potrà avvalersi delle forze di polizia operanti presso di essa (Polizia postale e nucleo per la radiodiffusione e l’editoria della Guardia di finanza) e, ove d’utilità, dei funzionari della SIAE, che, dunque, nel caso, svolgerebbero attività di supporto”.
Insomma l’AGCOM dice espressamente che con l’online la SIAE non c’entra nulla.
Ma allora, se la SIAE non c’entra niente con questa vicenda ci domandiamo noi perché, e a beneficio di chi, la SIAE pone dieci domande che non la riguardano?
Fulvio Sarzanawww.fulviosarzana.it
Studio Legale Roma Sarzana & Associati